Per finire ancora
Nel volume a cura di Gabriele Frasca gli atti della giornata di studi per il Centenario Beckettiano che si è tenuta a Siena l'11 aprile scorso.

Fa piacere vedere con quanta insistenza si torni, con un ritmo da vero “pungolo beckettiano”, sull’aridità editoriale in cui agonizza l’opera di Samuel Beckett in Italia. E così se nel 2006 la penisola è stata scossa dai sussulti e dai fremiti provocati dai molti convegni, iniziative e rappresentazioni teatrali, languiva il versante cartaceo (cioè quello cui si saranno voluti rivolgere i neofiti che, magari proprio grazie ai molti eventi, avranno conosciuto il vecchio irlandese e legittimamente avranno voluto leggere, che so, un’edizione decente dell’Innominabile o di Come è, o anche solo un’edizione qualsiasi, senza riuscire a trovarla). Fa piacere, perché si spera che, dietro l’insistenza di così tante e spesso autorevoli richieste, qualcuno la smetterà una buona volta di fare orecchie, è il caso di dirlo, da mercante.
Eloquente, allora, il titolo della premessa che Gabriele Frasca firma per il volume Per finire ancora, edito dalla Pacini di Pisa (2007) e da lui curato, in cui sono raccolti gli atti della giornata di studi per il Centenario beckettiano tenutasi a Siena l’11 aprile scorso. Il titolo è L’Italia senza Beckett e il testo non si limita a rimproverare ma tenta di risalire anche alle cause di questa assenza. Dopo aver introdotto la questione del ‘bilinguismo’ beckettiano, Frasca si chiede «possibile, allora, che sia la natura anfibia di quest’organismo testuale a scoraggiare l’Italia (cui pure non sembrerebbe, in altri ambiti, ripugnare la doppiezza), fino a renderla l’unica nazione europea (magari con la Russia) sostanzialmente senza Beckett? Eppure l’equilinguismo beckettiano è stato anche a suo modo un gesto politico, di politica culturale (si sarebbe detto ai tempi, quando né il sostantivo né l’aggettivo facevano problema), in specie a rileggere ora l’incredibile scelta, avvenuta giusto all’indomani del trionfo planetario dell’inglese, con cui l’allora quarantenne autore rinunziò (sia pure parzialmente) alla lingua dei vincitori, e ai profitti di un mercato decisamente più vasto. La cultura italiana, con la sua lingua nobile ma periferica, che deve magari solo ai flussi migratori la possibilità di essere ancora ritenuta appetibile, potrebbe persino trarne qualche insegnamento».
Possibile che sia la natura anfibia di quest’organismo testuale a scoraggiare l’Italia (cui pure non sembrerebbe, in altri ambiti, ripugnare la doppiezza), fino a renderla l’unica nazione europea (magari con la Russia) sostanzialmente senza Beckett?
Gabriele Frasca
E veniamo agli atti allora. Tra gli interventi, tutti validi, voglio ricordare almeno quello di Gianfranco Alfano – che indaga la fase meno nota dell’opera beckettiana, la prima, rivitalizzandone i riferimenti con Proust e con Leonardo – e quello di Nadia Fusini che, tornando sulla purgatorialità dei protagonisti beckettiani, sottolinea che «l’espiazione è semplicemente l’attesa che la fine venga e la partita si chiuda. Senza tragedia, perché si assiste solo alle ripercussioni del colpo già tirato, di cui sentiamo l’effetto del rinculo».
Ma la vera sorpresa di questo volume è il CD audio allegato, contenente un lungo file mp3 che ho presto trasferito sul mio iPod e con cui mi sono intrattenuto per più di un’ora e mezza ascoltando l’estratto del convegno in cui Gabriele Frasca e Guido Barbieri (voce nota agli ascoltatori di RadioTre Suite) sezionavano – con ampi brani tratti dall’opera stessa – Words and Music nella versione musicata da Morton Feldman, commentando Frasca il versante del testo e Barbieri quello musicale. Un intervento ricco di spunti che fa pentire di non aver partecipato alla giornata di studi svoltasi nell’Auditorium dell’Università per Stranieri di Siena.
E a proposito di irreperibilità dei testi beckettiani in Italia: se siete tra quanti hanno rinunciato a leggere, poiché introvabile, un traduzione italiana di Still (il secondo testo dei Fallimenti, segnalato da alcuni biblioarcheologi in una antidiluviana edizione Einaudi del 1980), ebbene, in questo volume, ritrovate la prosa breve fresca di ri-traduzione dall’originale inglese, a firma dell’infaticabile Frasca.