Un Beckett meno noto emerge dalle memorie di Anne Atik
La poetessa e suo marito, il pittore Avigdor Arikha, furono tra i più intimi amici dello scrittore.

Nel 2001, Anne Atik, poetessa americana moglie del pittore israeliano Avigdor Arikha, pubblicò un libro di memorie su Samuel Beckett. Lei e Avigdor, infatti, furono tra gli amici più intimi che l’autore di Aspettando Godot ebbe a Parigi. Oggi, la casa editrice Archinto propone la prima traduzione italiana del testo della Atik, Com’era. Un ricordo di Samuel Beckett in un’edizione ricca di illustrazioni in bianco e nero.
Nello scaffale del buon beckettiano, questo volume ha la dignità e l’importanza delle biografie di Knowlson e Bair. Dai ricordi di Anne Atik traspare un’intimità e una conoscenza della vita privata e della poetica di Samuel Beckett che rendono questo volume preferibile ai molti – pur validi – volumetti che nel corso del tempo hanno raccolto interviste, memorie e testimonianze del grande irlandese.
Ne esce, tra l’altro, un ritratto con caratteristiche per certi versi inedite: questo di Atik è il primo testo biografico su Beckett in cui si fa cenno esplicitamente alla prodigiosa dedizione all’alcol dell’autore (ma la poetessa ci tiene a sottolineare: «anche se qualche volta era alticcio, non sembrava mai ubriaco»). Nottate intere durante le quali Arikha e Beckett discorrevano di pittura e poesia scolando intere bottiglie di vino, birra, whiskey. Un particolare probabilmente ritenuto inopportuno dagli altri biografi, visto che il puntualissimo Knowlson – ad esempio – lo tace quasi del tutto. In generale, traspare da queste pagine un Beckett più mondano di quello che gli altri studiosi (almeno nei testi editi in italiano) ci avevano fatto conoscere.
Niente di nuovo, invece, sul fronte della proverbiale filantropia di Beckett. Atik cita diversi episodi e ancora una volta la facilità alla beneficenza del Nostro viene riportata con toni che sfiorano l’agiografia. Chi è al corrente della zona d’ombra che avvolge le opinioni politiche di Samuel Beckett, proverà il sussulto dell’archeologo che rinviene un pezzo rarissimo quando leggerà la citazione di una chiacchierata tra Arikha e Beckett avvenuta al Café Français il 31 maggio 1981 (dall’ottobre del 1970 i ricordi della Atik sono datati con precisione, come in un diario): il pittore, in riferimento alle elezioni che si sarebbero tenute di lì a poco, prevede che andrà tutto bene a patto che Mitterand non faccia troppe concessioni ai comunisti. Beckett risponde: «E che sarà mai qualche comunista? Dopo tutto in questo paese ci sono persone che sono comuniste».
I ricordi di Anne Atik coprono un arco piuttosto ristretto della vita di Samuel Beckett, ma citando le conversazioni avvenute nella casa atelier di Arikha, che spesso toccavano argomenti del passato dello scrittore (l’infanzia a Foxrock, la frequentazione di Joyce, gli episodi della Resistenza) si riesce a ricostruire un quadro più esteso, dando appunto a questo testo quella dignità di saggio biografico cui si accennava prima.
Quasi tutte le foto che corredano il volume non sono mai apparse sugli altri titoli che compongono la bibliografia italiana su Beckett. Molte le riproduzioni di lettere e appunti autografi dell’autore, a fianco dei bei ritratti di Arikha. Bellissimo, in particolare, quello che raffigura un Beckett assorto nel suo silenzio di fronte a un bicchiere di vino che, davvero, è impossibile dire se sia mezzo pieno o mezzo vuoto.