Cortocircuiti beckettiani

Nascita di Winnie

Un articolo di James Knowlson che indaga sulle possibili fonti di ispirazione della protagonista di «Giorni felici»

Sull’edizione online del Guardian, il mese scorso, è apparso un approfondito articolo di James Knowlson dal titolo «What lies beneath Samuel Beckett’s half-buried woman in Happy Days?» che indaga sulle possibili fonti di ispirazione del personaggio di Winnie in Giorni Felici. Di seguito la mia traduzione. Ho ritenuto opportuno cambiare il titolo del pezzo in “Nascita di Winnie” e aggiungere immagini e riferimenti iconografici che nell’originale sul Guardian non apparivano (FP).

di James Knowlson

Samuel Beckett fu un grande appassionato d’arte e amico personale di pittori e scultori. Amava in particolare la pittura olandese e fiamminga – e l’arte ha sicuramente ispirato alcune delle sue memorabili immagini teatrali. Perfino i suoi primi lavori (come Aspettando Godot e Finale di partita) si rifanno agli antichi maestri: il personaggio di Lucky in Godot può ricordare i personaggi grotteschi di Bruegel; la fisicità buffonesca di Estragone e Vladimiro è un’eco delle scene dipinte da Adriaen Brouwer (“Il buon vecchio Brouwer”, come usava definirlo Beckett). Hamm in Finale di partita sembra avere un’origine comune con alcuni ritratti di Rembrandt che fissano l’osservatore – come quello di Jacob Trip, ad esempio.

Lucky (Peter Marshall) in “Aspettando Godot” e “Dulle Griet” di Pieter Bruegel il Vecchio (1562)
Lucky (Peter Marshall) in “Aspettando Godot” e “Dulle Griet” di Pieter Bruegel il Vecchio (1562)
Da sinistra: Adriaen Brouwer, “L’amaro intruglio” (1635); Vladimiro (E.G. Marshall) ed Estragone (Bert Lahr) in “Aspettando Godot”; A. Brouwer, “Il fumatore” (1638)
Da sinistra: Adriaen Brouwer, “L’amaro intruglio” (1635); Vladimiro (E.G. Marshall) ed Estragone (Bert Lahr) in “Aspettando Godot”; A. Brouwer, “Il fumatore” (1638)
Rembrandt, “Ritratto di Jacob Trip” (1661) e Hamm (Owen Roe) in “Finale di partita”
Rembrandt, “Ritratto di Jacob Trip” (1661) e Hamm (Owen Roe) in “Finale di partita”

Anche gli ultimi brevi lavori beckettiani – recentemente riportati in scena al Royal Court attraverso il tour de force attoriale di Lisa Dwan – richiamano immagini di artisti moderni: L’urlo di Munch (Passi e Non io), La madre di Whistler (Dondolo) oppure le opere d’arte di Salvador Dali che raffigurano bocche e labbra (di nuovo Not I).

Al centro: Edvard Munch, “L’urlo” (1893). Ai lati Billie Whitelaw in “Non io” e “Passi”
Al centro: Edvard Munch, “L’urlo” (1893). Ai lati Billie Whitelaw in “Non io” e “Passi”
W. (Beatrice Manley) in “Dondolo” e James McNeill Whistler, “Arrangement in Grey and Black No.1” (1871)
W. (Beatrice Manley) in “Dondolo” e James McNeill Whistler, “Arrangement in Grey and Black No.1” (1871)
Salvador Dalì, “Ruby Lips Brooch” (1949) e Bocca (Matilde De Feo) in “Non io”
Salvador Dalì, “Ruby Lips Brooch” (1949) e Bocca (Matilde De Feo) in “Non io”

Aggiungete a queste immagini sorprendenti i testi poetici ed essenziali di Beckett ed ecco che l’autore ne esce non solo come l’autentico innovatore teatrale che è stato, ma anche come un esponente, come lui stesso rivendicava, del milieu della storia dell’arte europea. Ma che dire dell’immagine femminile di Giorni Felici, la piéce del 1960, sepolta fino alla vita nel primo atto e fino al collo nel secondo? Da dove salta fuori? E in che modo Beckett la utilizzò?

Willie (Sean John Walsh) e Winnie (Mary Eward) in "Giorni Felici"
Willie (Sean John Walsh) e Winnie (Mary Eward) in “Giorni Felici”

Potrebbe essere affiorata direttamente dagli abissi della fantasia di Samuel Beckett, naturalmente, dal momento che già un passaggio del romanzo L’Innominabile – in cui viene descritta la visione di Malone – la anticipa. O potrebbe essergli venuta in mente dopo aver visto qualcuno che faceva le sabbiature su una spiaggia; oppure, in modo più macabro, pensando alle torture medievali o a una particolare forma di punizione (così si credeva all’epoca) in uso nella Legione Straniera.

Ma il personaggio di Winnie non sarebbe mai venuto alla luce se Beckett non fosse stato l’appassionato di arte e letteratura che era. Già studente, la Divina Commedia era uno dei suoi libri preferiti. Una delle magnifiche illustrazioni di Gustave Doré raffigura alcuni dannati che fuoriescono da un lago ghiacciato solo con la testa e gli arti superiori.

Gustave Doré, illustrazione per il Canto XXXII dell’Inferno (1868)
Gustave Doré, illustrazione per il Canto XXXII dell’Inferno (1868)

Beckett era molto attratto anche dalle immagini distorte e frammentate dei dipinti surrealisti, cubisti ed espressionisti. Uno dei suoi pittori preferiti era il tedesco Ernst Ludwig Kirchner il cui crudo stile ebbe un influsso importante su di lui.

Ernst Ludwig Kirchner, “Nudo a mezza figura con braccia sollevate” (1910)
Ernst Ludwig Kirchner, “Nudo a mezza figura con braccia sollevate” (1910)
Luis Buñuel, "Un Chien Andalou" (1929) - fotogramma finale del cortometraggio.
Luis Buñuel, “Un Chien Andalou” (1929) – fotogramma finale del cortometraggio.

Di sicuro Beckett conosceva bene gli ultimi fotogrammi del film surrealista Un Chien Andalou (1929) firmato da Dalì e Luis Buñuel nei quali si vedono due donne sepolte fino alla vita su una spiaggia. Il film non solo era molto popolare presso l’avanguardia letteraria dell’epoca, ma il copione venne addirittura pubblicato nello stesso numero di This Quarter che ospitava alcune traduzioni firmate da Beckett.

Potrebbero tuttavia esserci altre precise fonti di ispirazione per Giorni felici, che andrà in scena prossimamente allo Young Vic di Londra, con Juliet Stephenson nel ruolo della protagonista. Un’intera collezione di ritratti fotografici in stile surrealista, la cui somiglianza con la condizione di Winnie è incredibile, fu realizzata dall’inglese Angus McBean sul finire degli anni ’30. Dell’intera serie – che comprende scatti di Dorothy Dickson, Beatrice Lillie, Diana Churchill e Audrey Hepburn – si è avuta notizia solo di recente. Nel ritratto di Frances Day, uno dei primi sex symbol britannici, le affinità con Giorni Felici sono impressionanti.

Angus McBean, “Frances Day” (1938)
Angus McBean, “Frances Day” (1938)

Sepolta in un ammasso di terra, anche se con il busto circondato da un cesto, la Day ha tra le mani un ricciolo di capelli, proprio come Winnie. Uno specchio, lo stesso che usa il personaggio beckettiano, è tenuto in primo piano da un’altra mano. Nel corso dello stesso anno, McBean fotografò l’attrice Flora Robson mentre emergeva fino al seno dalla crosta terrestre.

Angus McBean, "Flora Robson" (1938)
Angus McBean, “Flora Robson” (1938)

Non sappiamo se Beckett vide mai queste fotografie ma, sebbene vivesse a Parigi dal 1938 con sporadici rientri oltremanica, probabilmente sì, dal momento che questi scatti apparvero sia sul settimanale The Sketch sia sul diffusissimo Picture Post.

Ma recentemente ho preso in considerazione un’altra origine pittorica: il Projet Pour Un Monument à WC Fields (1957) di Max Ernst.

Max Ernst, "Progetto per un monumento a WC Fields" (1957)
Max Ernst, “Progetto per un monumento a WC Fields” (1957)

Al centro del dipinto c’è una figura femminile, Mae West, caratterizzata da un rotondo busto rosso, che sorregge un parasole aperto e multicolore. Sulla destra, la testa di una figura maschile, il comico WC Fields. Sembra che questo dipinto sia dedicato alla collaborazione tra la West e Fields nel film My Little Chickadee (1940).

Considerando l’inusuale e potente illuminazione prevista dalle note di regia di Giorni Felici, nonché l’importanza dell’elemento del fuoco, è stata la brillantezza dei colori del dipinto di Ernst, in particolar modo il rosso acceso, a colpirmi. Giorni Felici è, in fondo, l’unico testo di Beckett ad avere colori vividi. Quando ho visto questo quadro, al Bechtler Museum di Charlotte, in North Carolina, ho cominciato a credere di vedere Beckett ovunque.

C’è davvero un legame tra Giorni Felici e il quadro di Ernst? E chi è venuto prima? A questa domanda sembra facile rispondere: la data, 1957, è sul dipinto stesso, all’interno della firma dell’artista. E sappiamo che il testo di Beckett è del 196061. Ma Hans Brechtler quando acquistò il dipinto per la sua collezione? Potrebbe essere stato visto da Samuel Beckett a Parigi, prima, o anche dopo essere stato acquistato? In ogni modo c’è un significativo numero di collegamenti tra Beckett ed Ernst. Per un breve periodo il pittore tedesco fu sposato con Peggy Guggenheim, con la quale Beckett ebbe una relazione verso la fine degli anni ’30; e Ernst avrebbe in seguito illustrato un’edizione trilingue della prosa breve Da un’opera abbandonata.

Ma ciò che più conta è che il dipinto fu riprodotto nella bellissima biografia di Max Ernst firmata da Patrick Waldberg (1958) – e le lettere che Beckett scrisse a Waldberg indicano come i due cenassero spesso insieme e giocassero a biliardo mentre Waldberg lavorava al suo libro. Grazie a questi scambi epistolari sappiamo che Waldberg inviò a Beckett diversi esemplari dei suoi libri sull’arte. E con tutta probabilità il dipinto fu esposto nel 1958 in una mostra speciale in occasione della pubblicazione della biografia firmata da Waldberg. L’evento si tenne a La Hune, una libreria frequentata regolarmente da Samuel Beckett.

A prescindere dalla fonte di ispirazione, Beckett usò questa incredibile e per certi versi scioccante immagine in modo personale. Uno degli aspetti più inquietanti del personaggio di Winnie è che lei si comporta come se essere interrata fosse del tutto naturale – il che lo è davvero per Beckett, con la sua idea dello sprofondamento nelle sabbie del tempo. Winnie tocca inoltre, pur con i suoi modi leggiadri, alcune delle principali questioni della filosofia occidentale: la relazione tra mente e corpo, la forza e i limiti della volontà, la relazione tra il presente e l’esperienza. Aver preso un’astratta immagine surrealista e averla trasformata in Winnie, un essere umano credibile e drammaticamente ottimista, è la prova della genialità del suo autore.

Come contraltare alla staticità del personaggio, Beckett inventa un elaborato balletto fatto di movimenti per le mani di Winnie, che accompagnano o interrompono il suo monologo, di gorgheggi e arie melodiche.

Maurice Béjart, il celebre ballerino e coreografo francese, disse di aver imparato a danzare semplicemente guardando l’attrice Madeleine Renaud recitare la parte di Winnie anche se muoveva solo la testa, le braccia e le mani. Da parte mia non vedo l’ora di osservare come affronterà un’attrice intelligente come Juliet Stephenson questo impegnativo ruolo.

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