L’innominabile è tornato
...dopo essere stato per lungo tempo anche "l'introvabile". Lo riporta in libreria Einaudi nella storica traduzione di Aldo Tagliaferri con la prefazione di Gabriele Frasca.
L’innominabile, il romanzo che Samuel Beckett completò nel 1950, è stato a lungo tempo anche “l’introvabile”. L’edizione italiana più recente risaliva al 1996, la traduzione era quella di Aldo Tagliaferri e la collana era la storica Nuova Universale Einaudi. Ora proprio Einaudi riporta in libreria quello che – per pura convenzione editoriale (Beckett non lo considerò mai in questo senso) – viene definito il terzo capitolo della Trilogia, dopo Molloy e Malone muore. La traduzione è quella di Tagliaferri e la collana è la altrettanto prestigiosa Letture.
Nella sua lunga, approfondita e come sempre appassionata prefazione, Gabriele Frasca tenta una lettura “politica” del romanzo: nel mondo editoriale francese dell’immediato dopoguerra – un mondo che, ricorda Frasca, “aveva convissuto col nazismo, spesso sposandone la causa”, prova ne siano le 65.000 copie del pamphlet antisemita Les décombres di Lucien Rebatet andate a ruba nel giro di pochi giorni nel 1942 – L’innominabile portava con sé una “forza infinitamente emancipatrice” (la definizione è di Adorno) dalle décombres, appunto, della guerra e dall’establishment letterario del periodo.
Ne L’innominabile giunge a compimento il processo di disinnesco dei più comuni meccanismi narrativi, opera di decostruzione a cui Beckett stava lavorando almeno dai tempi di Watt. L’io narrante finisce con il coincidere con la sua stessa voce, diventa incorporeo, lasciando al lettore la paradossale responsabilità di diventare protagonista del libro che sta leggendo.
Con questa nuova edizione Einaudi de L’innominabile tornano dunque a essere di facile reperibilità tutti e tre i romanzi del ciclo che Beckett compose tra il 1947 e il 1950. Una trinità letteraria in cui le singole opere mantengono la propria autonomia pur concorrendo a formare un trittico all’interno del quale sono inseparabili (“The three works must be considered as forming one”, scriverà Beckett a Jerome Lindon de Les Éditions de Minuit in una piccata lettera del 1951).