Una rosa per Sam
Antonio Borriello ricorda Beckett in occasione del trentaquattresimo anniversario della sua morte.

Pubblico volentieri un ricordo di Samuel Beckett che mi ha inviato Antonio Borriello, regista e attore che ha studiato a fondo lo scrittore irlandese (FP).
di Antonio Borriello
Una rosa per ricordare il mio amatissimo Samuel Beckett, morto il 22 dicembre del 1989 a Parigi, premio Nobel per la Letteratura nel 1969. Autore di opere ritenute ormai dei classici come Aspettando Godot e Finale di partita, mutò l’ordinario in straordinario, il Nulla e l’Attesa in Speranza. Oggi più che mai il grande dubliner di Parigi, si presta ad ulteriori studi volti a raggiungere le più segrete pieghe dell’Anima. Non a caso di recente in Italia sono apparse diverse ed importanti pubblicazioni, come Romanzi, Teatro e Televisione, il Meridiano Mondadori curato e tradotto magistralmente da Gabriele Frasca (2023), un volume di straordinaria importanza per avere a portata di mano i testi narrativi, le pièce teatrali, nonché i testi per la radio e la televisione. E ancora i quaderni di regia e i testi riveduti pubblicati dalla Cue Press a cura di Luca Scarlini tra il 2021 e il 2022: Aspettando Godot (edizione critica di James Knowlson e Douglas McMillan), Finale di Partita (edizione critica di Stanley Gontarski) e L’ultimo nastro di Krapp (edizione critica di James Knowlson).
Anche il cinema e perfino la narrativa hanno prestato notevole attenzione al Maestro dell’Assurdo con ben tre film ed un romanzo: Dance First, regia James Marsh, Regno Unito 2022; Grazie ragazzi, regia Riccardo Milani, Italia 2022; Un Triomphe, regia Emmanuel Courcol, Francia 2020; pubblicato da Voland nel 2022, L’ultimo atto del signor Beckett di Maylis Besserie, in cui la scrittrice immagina gli ultimi giorni di vita di Beckett trascorsi nella casa di riposo di Tiers-Temps a Parigi.
Viepiù. La casa editrice Cue Press già preannuncia per il 2024 di “lanciare un attacco beckettiano di proporzioni cosmiche: il quarto Quaderno e il meglio della teatrologia mondiale sull’argomento”. Di sicuro Beckett, persona felicemente pigra, di un’inerzia accostabile a quell’otium letterario più che a quell’indolenza ancestrale del suo beneamato Belacqua dantesco, mai avrebbe immaginato tanto interesse per il suo lavoro. A riprova del suo essere un drammaturgo insensibile al successo e alla notorietà, ricordo che alla sua dipartita, il mondo seppe della sua morte dopo tre giorni a sepoltura avvenuta. Nel 1959, a seguito dell’insistenza della moglie Suzanne, si recò a Sorrento: in occasione del “Prix Italia”, quando lo invitarono a ritirare il Premio per la migliore opera radiofonica Embers (Ceneri, trad. it., nella preziosa pubblicazione Samuel Beckett, Teatro completo. Drammi, Sceneggiature, Radiodrammi, Pièces televisive, Torino-Parigi, Einaudi-Gallimard, 1994). Beckett in quell’occasione visitò fugacemente Capri ed altri luoghi della costiera amalfitana per ritornare subito a Ussy.
Ed ancora ricordo che Beckett seguì personalmente le riprese di Film, con un impeccabile ed ossequente
Buster Keaton, recandosi a New York suo malgrado. Temeva, infatti, che le riprese sarebbero state eccessivamente chiassose, con inutili cocktail party a cui partecipare con troppe e indesiderate interviste da rilasciare. A questo sceglieva la quiete dell’appagante rifugio di campagna a Ussy-sur-Marne. L’umile genio del secolo scorso, attraverso le sue disarmanti creature, benché poste in una perenne penitenza purgatoriale, ha saputo offrirci spunti di salvezza per loro, per noi, per il futuro dell’umanità. Quanta tenerezza in Vladimiro, Estragone, Pozzo, Lucky, Hamm, Clov, Nagg, Nell, Winnie, Willie, Krapp, Flo, Vi, Ru, Mercier, Camier, Murphy, Molloy, Malone, Watt, Joe, Bam, Bem, Bim, Bom, Oc, Og e l’innominabile che, nonostante il loro tormento, eternamente cantano…
“Giorni felici”, anzi dicono sempre di altri “giorni divini”, un po’ come nelle opere di Leopardi o di Pascoli, in cui emerge lo stupore del fanciullino per le piccole, ma preziose cose del quotidiano. Quanta poesia ed esaltazione della vita e dell’intelligenza dell’uomo traboccano in quei vecchi, dignitosi e colti clochard, in quelle pagine, battuta dopo battuta, si intravede un barlume di Speranza, nonostante il diffuso senso di vuoto, nonostante la nostra fragilità e tristezza. Tante le sue profetiche visioni che si stanno, purtroppo, avverando: solitudine urbana, feti buttati nelle discariche, smarrimento di sé, diffusa incomunicabilità, insoddisfazione e noia, aumento dei senza tetto e dei poveri, catastrofi imminenti, minaccia di un nemico invisibile, di una incombente desertificazione, di una possibile terza guerra mondiale, con attacchi nucleari. Un panorama agghiacciante, ma effettivo, su cui l’uomo dovrebbe agire subito, pena lo scenario da day after di Finale di partita o di L’ultimo nastro di Krapp, dove «…la Terra potrebbe essere disabitata».

Antonio Borriello (Torre Del Greco, 1950), relatore e performer presso il Glendale Community College in California e al Trinity College di Dublin, membro della Beckett Society, ha tenuto numerosi interventi sul Teatro Contemporaneo in diverse Scuole e Università italiane e straniere. Al “Beckett in Berlin 2000”, simposio mondiale organizzato dall’Università di Baltimora e dalla Humboldt di Berlino, ha presentato l’inedito e singolare saggio Numerical references in ‘Krapp’s Last Tape’ (studio sul rapporto numero-parola dimostrando la predilezione di Beckett per il numero tre e i suoi multipli). Borriello è anche attore, regista, scenografo. Il suo Samuel Beckett, ‘Krapp’s Last Tape’: dalla pagina alla messinscena (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1992) presenta un apparato biografico di oltre 2000 voci originali e stralci di interviste a Fo, Kelly, De Berardinis, Mauri, Scaccia e altri.