Lettere (1941-1956)

Curatori: George Craig, Martha Dow Fehsenfeld, Dan Gunn, Lois More Overbeck (edizione inglese), Franca Cavagnoli (edizione italiana)
Traduttori: Leonardo Marcello Pignataro
Editore: Adelphi, 2021
Indice del volume: Elenco delle illustrazioni – Introduzione generale – Criteri editoriali – Ringraziamenti e crediti – Sigle e simboli – Introduzione al volume II (Dan Gunn) – Cronologia – Lettere 1941-1956 – Indice dei destinatari – Indice delle opere di Samuel Beckett citate nel volume – Indice dei nomi.

Dal risvolto di copertina: Di Samuel Beckett – «la faccia più bella» del Novecento, come ebbe a dire Tullio Pericoli – colpivano l’intensità ferrigna dello sguardo, le frasi lapidarie destinate a durare nel tempo, il silenzio ieratico che lo avvolgeva nelle rare apparizioni in pubblico. Le lettere raccolte in questo secondo volume consentono precisamente di illuminare la parte della sua vita in cui quella personalità schiva si formò. Sono gli anni dell’incontro con il suo editore e agente, Jérôme Lindon, l’uomo che farà di un émigré irlandese a Parigi una star della letteratura. Gli anni in cui Beckett trasloca in un’altra lingua, comincia a scrivere romanzi e drammi in francese (Molloy, Malone muore, L’innominabile, Aspettando Godot), legge Sartre, Malraux, Céline, Camus. Ma, soprattutto, si dedica nelle sue opere teatrali a un processo di graduale e infaticabile sottrazione, sicché alla fine non resterà che una lucida invocazione alla divina afasia: «In Godot ci sono un cielo che del cielo ha solo il nome, un albero di cui ci si chiede se è veramente un albero … Niente, tutto questo non esprime niente, è qualcosa di opaco su cui non ci si fanno più domande».

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