Compagnia
Titolo originale: Company Data di composizione: 1977–1979 Prima edizione: John Calder, Londra, 1979 Edizioni italiane: Arte&Pensiero, 1981 – JacaBook, 1986 – Einaudi, 2008 – Mondadori, 2023
Compagnia è uno dei testi più interessanti e riusciti della produzione matura di Samuel Beckett. Ed è anche uno dei testi con più riferimenti autobiografici. L’idea del ricordo, della memoria che torna, è la sostanza stessa di questa prosa. Renato Oliva in Appunti per una lettura dell’ultimo Beckett (pubblicato in Einaudi, 1989) traccia un parallelismo tra Compagnia e L’ultimo nastro di Krapp: “In Compagnia […] i ricordi sgorgano con straordinaria intensità lirica e costellano un temps retrouvé, poiché il narratore li riconosce e rivive come propri radicandosi nell’humus delle sue emozioni passate. […] Ma tutto ciò non era già evidente ne L’ultimo nastro di Krapp? Quel ricordo vivo che Krapp vorrebbe cancellare, mentre procede a cancellare se stesso non diventa paradossalmente il nucleo del dramma ed il suo leit-motiv costituendosi come immagine centrale e incancellabile?“.
In “Compagnia” i ricordi sgorgano con straordinaria intensità lirica e costellano un temps retrouvé, poiché il narratore li riconosce e rivive come propri radicandosi nell’humus delle sue emozioni passate. Ma tutto ciò non era già evidente ne “L’ultimo nastro di Krapp”? Quel ricordo vivo che Krapp vorrebbe cancellare, mentre procede a cancellare se stesso non diventa paradossalmente il nucleo del dramma ed il suo leit-motiv costituendosi come immagine centrale e incancellabile?
Renato Oliva, «Appunti per una lettura dell’ultimo Beckett»
Anche Knowlson, nella sua biografia, cita una conversazione con Beckett a proposito di Compagnia e del suo materiale autobiografico: “Dalla nostra conversazione risultò comunque chiaro non solo che gli eventi della realtà erano stati riconfigurati e trasformati per adeguarsi alla finzione, ma che quello scetticismo che da giovane lo aveva portato a criticare il ruolo della memoria in Proust (volontaria o involontaria che fosse) era adesso rafforzato dalla distanza che lo separava dal suo stesso passato. La memoria risulta molto simile all’invenzione“.
La situazione narrativa di Compagnia, articolata lungo 56 brevi capoversi, è essenziale ed estrema e – come di regola (o quasi) nelle opere dell’ultimo Beckett – è scritta in forma di descrizione più che di narrazione. L’incipit assomiglia all’enunciato di un tema: “Giunge una voce a qualcuno nel buio. S’immagini“. Già dalla prima riga troviamo le due presenze che animano il testo. Un ascoltatore ed una voce: la stessa coppia, anche se in “incarnazioni” diverse, di svariati testi teatrali (Dondolo, Improvviso dell’Ohio, Non io).
Gli eventi della realtà erano stati riconfigurati e trasformati per adeguarsi alla finzione. Quello scetticismo che da giovane lo aveva portato a criticare il ruolo della memoria in Proust (volontaria o involontaria che fosse) era adesso rafforzato dalla distanza che lo separava dal suo stesso passato. La memoria risulta molto simile all’invenzione.
James Knowlson, «Samuel Beckett. Una vita»
La voce si alterna a pause di silenzio. Ogni volta che la voce parla appare una debole luce tanto più forte quanto forte è la voce. Quando la voce cessa la luce si spegne. La voce narra ricordi del passato. L’ascoltatore che giace nel buio è portato a credere che la voce stia parlando proprio di lui, ma nessuna conferma viene data in merito. La ripetizione continua dei ricordi costituisce la narrazione vera e propria intervallata dalle descrizioni geometriche (quasi da indicazioni da copione teatrale) tipiche dello stile beckettiano degli anni ’70-’80. E nel testo appare più o meno esplicitamente la domanda paradossale: se la Voce è il narratore chi narra la Voce? Chi è il narratore del narratore? E se questi esiste dovrà pur esserci il narratore del narratore del narratore. E così via.
Il personaggio dell’ascoltatore è modellato su Belacqua, la figura dantesca di cui Beckett si era già servito per il protagonista di Più pene che pane. L’eccezionalità di questo testo, rispetto al resto della produzione in prosa beckettiana, sta nel fatto che il protagonista non vive l’agonia infinita, il purgatorio perpetuo, tipico di quasi tutti gli antieroi di Beckett, ma nel finale (tra le pagine più alte di tutto Beckett, almeno per quanto riguarda la narrativa) ne viene dichiarata la definitiva rassegnazione, la sua irrimediabile solitudine.
C’è in “Company” una promessa di pietà che diffonde un’aura di grazia o di sereno trapasso a tutto il poema.
Roberto Mussapi
Come nota Roberto Mussapi nell’introduzione all’edizione JacaBook del 1986: “C’è in Company una promessa di pietà che diffonde un’aura di grazia o di sereno trapasso a tutto il poema […] Company rappresenta forse l’ultimo atto di separazione, non meno lancinante ma più sereno e determinato“.
Due estratti di Compagnia furono pubblicati come prose autonome, rispettivamente con il titolo Heard in the Dark I (sul numero 17 di «New Writing and Writers», nel 1980) e Heard in the Dark II (sul «Journal Of Beckett Studies», nel 1979).