Il calmante

Titolo originale: Le calmant
Data di composizione: 1946
Prima edizione: Les Editions de Minuit, Parigi, 1955
Edizioni italiane: Einaudi, 1979Einaudi, 2010

Nelle intenzioni di Beckett, Il calmante doveva andare a far parte di una raccolta di racconti (il cui titolo sarebbe dovuto essere Quatre Nouvelles) insieme a Primo amore, Lo sfrattato e La fine. Di fatto, questi quattro testi, composti tutti nel febbrile 1946, subirono sorti editoriali diverse e l’ipotetica raccolta a quattro voluta da Beckett non vide mai la luce. Primo amore (che tra l’altro fu l’ultimo ad essere pubblicato, nel 1970) venne sempre considerato un’opera a parte, mentre sotto il titolo Novelle sono stati sempre presentati (almeno in Italia) gli altri tre.

A proposito di questi tre testi, Anzieu ha una teoria interessante. Secondo lui ognuno di essi anticipa un particolare romanzo della Trilogia e più precisamente: Lo sfrattato anticipa Molloy (in comune riferimenti autobiografici e le lunghe passeggiate dei protagonisti per combattere la depressione), Il calmante anticipa Malone muore (vi è la stessa tensione di lotta contro la degradazione e la morte psichica) e La fine anticipa L’innominabile (uguale necessità di costruirsi un rifugio, sia esso una canotto o una tomba).

Non so se questo va a confortare o a smontare la tesi di Anzieu, ma nel 1955 Beckett confessò a John Fletcher che per ognuno dei tre racconti esisteva un titolo alternativo: Lo sfrattato poteva chiamarsi anche Premio, Il calmante poteva intitolarsi La morte e La fine poteva chiamarsi Limbo.

La trama del racconto non si discosta molto da quelli dagli altri racconti citati in questa scheda: l’eccezionalità è data dal fatto che l’io narrante è un cadavere. Troppo impaurito per assistere inerte al suo stesso imputridimento, il corpo si racconta una storia per calmarsi. E nella storia vediamo un uomo che si allontana dall’abitazione in cui viveva (probabilmente perché ne è stato cacciato, così come accade ai protagonisti di Primo amore, de Lo sfrattato e de La fine). Ne segue il solito vagabondare senza meta, un percorso pieno di incontri assurdi e mai risolutivi fino a quando l’uomo non decide di proseguire da solo, orientandosi soltanto con le costellazioni dei Carri (come il protagonista di Primo amore). Ma in cielo non riesce a vedere alcuna stella.

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