L’immagine

Titolo originale: L’image
Data di composizione: tra il 1958 e il 1959)
Prima edizione: X: A Quarterly Review, 1959 
Edizioni italiane: Einaudi, 1989Einaudi, 2010

La prosa breve intitolata L’immagine è in realtà la versione alternativa di una parte di Come è e più precisamente di uno dei passi in cui Bom, il narratore, riesce compiutamente a visualizzare una delle immagini che gli appaiono mentre avanza nel fango. Il testo è dunque una semplice bozza di lavorazione che però ha avuto una fortuna editoriale a sé stante: apparve infatti come frammento autonomo sul trimestrale X: A Quarterly Review, nel 1959, prima della pubblicazione del romanzo completo di cui avrebbe fatto parte. Nel 1988, poi, la Editions de Minuit decise di ristamparlo in volume.

È difficile analizzare questa prosa breve senza fare riferimento al romanzo in cui sarebbe stata inserita successivamente, seppure con notevoli correzioni e modifiche. Si tratta di uno dei pochi testi di Beckett in cui la punteggiatura è del tutto assente. Bom, che non viene mai definito con questo nome, descrive i movimenti di un uomo (ovvero se stesso anche se a questo livello della prosa beckettiana l’identificazione dei pronomi è inutile: “…io mi vedo dico mi come dico io come potrei dire egli perché la cosa mi diverte…” afferma candido il narratore), di una ragazza e di un cane. L’obiettivo è quello di descrivere al meglio questa scena, senza porsi troppi perché, di “fare” l’immagine, come affermerà alla fine del testo il protagonista.

Scomparsa la fede in quel Dio che si fa garante del rapporto tra anima e corpo non resta che il meccanismo senza causa apparente dei movimenti sincronizzati, non resta che lo spettacolo complesso ed esattissimo di un orologio universale senza Orologiaio.

Renato Oliva, «Appunti per una lettura dell’ultimo Beckett»

Nella prosa viene citato esplicitamente il filosofo Nicolas de Malebranche che fu uno dei principali ispiratori del giovane Beckett. Vale la pena ricordare che secondo la teoria dell’occasionalismo, fatta derivare da Cartesio e ascrivibile appunto a Malebranche e a Geulincx, tutto ciò che è terreno (compreso l’uomo) non ha potere attivo sulla realtà. L’unica causa è Dio e i fenomeni osservabili non sono modificabili dall’uomo essendo esclusive possibilità (occasioni) della volontà di Dio. Beckett all’epoca dei suoi studi al Trinity College rimase fortemente impressionato da queste teorie. Nel saggio Appunti per una lettura dell’ultimo Beckett pubblicato in Einaudi, 1989, Renato Oliva osserva come “scomparsa la fede in quel Dio che si fa garante del rapporto tra anima e corpo […] non resta che il meccanismo senza causa apparente dei movimenti sincronizzati, non resta che lo spettacolo complesso ed esattissimo di un orologio universale senza Orologiaio né orologiaio“.

Questo “spettacolo complesso ed esattissimo” è quello che ci offrirà Beckett soprattutto nella stagione dei grandi lavori teatrali. Ma si ritrova con pari forza anche in questa prosa breve.

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