Lo sfrattato
Titolo originale: L’expulsé Data di composizione: 1946 Prima edizione: in “Fontaine”, LVII, 1947 Edizioni italiane: Einaudi, 1979 – Einaudi, 2010
Anche il protagonista di questo racconto, come i protagonisti di Primo amore, La fine e Il calmante, viene cacciato di casa. A proposito di questa caratteristica comune, Gianni Celati, nel suo saggio L’interpolazione e il gag (pubblicato in Bulzoni, 1997), ricorda che molto spesso le comiche di Buster Keaton (di cui Beckett era un fan al punto da sceglierlo, nel 1963, come attore principale per il suo unico lungometraggio: Film) iniziavano con il protagonista che veniva buttato fuori da un luogo.
Sebbene Lo sfrattato, così come Primo Amore del resto, sia ambientato in Germania, negli stessi luoghi (dintorni di Amburgo) in cui Beckett soggiornò per circa sei mesi nel 1936, il vagare del protagonista ricorda quello di Belacqua per Dublino in Più pene che pane.
I collegamenti espliciti tra questo e altri testi di Beckett non devono stupire se il narratore stesso chiude il racconto con questa frase: “Non so perché ho raccontato questa storia. Avrei potuto benissimo raccontarne un’altra. Forse un’altra volta ne racconterò un’altra. Anime vive, vedrete come si assomigliano tutte“. Dopo aver vagabondato per un po’ il protagonista viene contattato da un notaio il quale gli consegna una discreta somma lasciatagli in eredità da una persona non definita. Il vagabondaggio a piedi diventa quindi un vagabondaggio in carrozza. Il cocchiere invita lo sfrattato a dormire a casa sua. Ma ci sono troppi mobili nelle stanze e il nuovo arrivato non li sopporta (come accadeva al protagonista di Primo amore). Decide dunque di andare a dormire in una rimessa (come il protagonista de La fine). Passa una notte agitata e all’alba lascia la sua nuova sistemazione senza salutare nessuno.
Ne Lo sfrattato e negli altri racconti scritti in questo periodo (a cominciare da La fine), Beckett prepara il tavolo da lavoro per scrivere la trilogia di romanzi (Molloy – Malone muore – L’innominabile) che lo renderà celebre, insieme ovviamente al rivoluzionario Aspettando Godot per quanto riguarda il teatro. Il protagonista de Lo sfrattato è insomma l’ennesimo bozzetto dei futuri celebri clochards beckettiani che ripetono in continuazione a se stessi le solite vecchie storie. Nota Nadia Fusini: “I ricordi sono per questi clochards un tesoro che bramano avidamente, ma insozzano, e rifiutano“.