Quello che è strano via
Titolo originale: All strange Away Data di composizione: 1964 Prima edizione: Gotham Book Mart, New York, 1976 Edizioni italiane: SE, 2003 – Einaudi, 2010
Fuggito con sollievo dagli Stati Uniti (“in qualche modo questo non è il paese giusto per me: la gente è troppo strana“) dove si era recato per le riprese di Film, Beckett si rifugia nella solitudine di Ussy e inizia a lavorare a una nuova opera in prosa. Dopo aver scartato la prima stesura in francese completerà il testo in inglese e lo intitolerà All strange away.
Il testo resterà a lungo inedito ma costituirà l’embrione da cui Beckett farà nascere, circa due anni più tardi, il più noto Immaginazione morta immaginate.
Quello che è strano, via è uno studio su personaggi posti in condizioni narrative estreme e per questo motivo può essere accomunato, appunto, a Immaginazione morta immaginate ma anche a Lo spopolatore (in particolar modo per quanto riguarda la descrizione dell’ambiente in cui si svolge la scena e la ciclicità delle luci) e a Bing.
Prime due varianti degli ambienti in cui si svolge “Quello che è strano, via”
Soffermandosi alla tecnica narrativa, senza voler per ora entrare nell’interpretazione dell’opera, Quello che è strano, via è costituito dalla serie delle varianti che il narratore vaglia. Il lettore dunque non si trova di fronte a una trama nel senso tradizionale del termine bensì di fronte a una descrizione di possibilità (“[…] un luogo […] quadrato cinque piedi, altezza sei, niente ingresso, niente uscita […] riparti da zero, un altro luogo […]”).
Due i personaggi che il narratore “studia” dopo averli collocati nell’ambiente immaginato (simile a quello delle altre opere già citate: una stanza bianca e semivuota di misure variabili): Emmo ed Emma. Le descrizioni dei loro corpi seguono una notazione geometrica (“culo ginocchia diagonale ac, piedi mettiamo in d, testa sulla guancia sinistra in b“) lasciando supporre quanto la scrittura in prosa di Beckett fosse ormai intrisa dei registri tipici non tanto del testo quanto del sottotesto teatrale. Ma nella narrazione asettica si incontrano anche rare aperture liriche (“una distanza così grande come sulla terra da un giorno d’inverno a un giorno d’estate” oppure “dolce sollievo, ma così fioco e debole, non più che deboli tremori di una foglia in una serra“) testimoniando ancora una volta l’emotività sotterranea che anima tutta l’opera di Beckett.