Senza
Titolo originale: Sans Data di composizione: 1969 Prima edizione: Les Editions de Minuit, Parigi, 1969 Edizioni italiane: Einaudi, 1972 – Einaudi, 1989 – Einaudi, 2010
Beckett compose Senza nella seconda metà del 1969 impiegando diverse settimane di lavoro. Questa prosa breve fu scritta ad Ussy, il luogo a cui Beckett si riferiva ormai abitualmente come il suo rifugio.
E “rifugio” è proprio una delle poche parole che costituiscono il testo. La prosa è infatti formata da 24 brevi capoversi composti da un numero molto limitato di termini. Se si escludono infatti gli avverbi e le congiunzioni, l’autore si servì esclusivamente di un centinaio di lemmi (opportunamente coniugati nel caso di verbi e declinati al singolare/plurare, maschile/femminile quando necessario).
L’oggetto della narrazione, se di narrazione si può parlare, è la descrizione di un essere ormai ridotto a uno stato vegetativo che ricorda il passato. Il luogo in cui questo essere è collocato è uno spazio arido in cui sorgono alcune rovine (“rovine sparse grigio cenere tutt’intorno vero rifugio finalmente senza uscita“). Alvarez parlerà di “ellittica bellezza del linguaggio” e aggiungerà: “è l’ultima, distante eco di quelle tenere descrizioni della natura che Beckett si concedeva di tanto in tanto nella trilogia, nonostante la sua avversione confessata. Con una depressione meno schiacciante e una determinazione meno unilaterale a esprimerla, Beckett avrebbe avuto la possibilità di creare un mondo particolarmente ricco, preciso e popolato. Invece egli si è dedicato a immagini di deprivazione cui ha affidato non solo un’inventiva sproporzionata, ma anche una penetrante consapevolezza di quanto è andato perduto“. E in effetti è difficile non restare ammirati di fronte a questa prosa di austera desolazione in cui la potenza espressiva viene generata da una manciata di parole e da immagini prive di vitalità.
È difficile non restare ammirati di fronte a questa prosa di austera desolazione in cui la potenza espressiva viene generata da una manciata di parole e da immagini prive di vitalità.
Leggendo Senza si può avere l’impressione che le parole all’interno dei 24 capoversi ruotino secondo un ordine prestabilito (pur mantenendo intatta la leggibilità e la logica del testo). Anche Knowlson nell’analizzare questa prosa accenna all’interesse di Beckett per le permutazioni matematiche ma si astiene poi dal fornire esempi. Cita però, a sostegno di questa tesi, il saggio di Ruby Cohn, inedito in Italia, Back to Beckett (Princeton, 1974) e un articolo di Fournier apparso su Critique n. 519/520 (1990): Samuel Beckett, mathématicien et poète.
Un aneddoto relativo a Senza viene riferito dal filosofo Emile Cioran in Adelphi, 1988. Quando Beckett tradusse Senza dal francese all’inglese coniò, per il titolo, il neologismo lessness che Cioran definì “inesauribile mescolanza di privazione e d’infinito, vacuità sinonimo di apoteosi“. Al termine di una sera di conversazione Cioran si congedò da Beckett dicendogli che non avrebbe preso sonno fino a quando non avesse ideato un neologismo francese equivalente a lessness. Ma la ricerca rimase senza frutto. L’unica parola che lo soddisfò parzialmente la derivò dal latino sine: sinéité. Il giorno dopo Beckett gli confessò che era giunto alla stessa identica conclusione. E comunque il titolo francese rimanse Sans.