Non io

Titolo originale: Not I
Data di composizione: 20 marzo – fine aprile 1972
Prima rappresentazione: New York, Licoln Center, 22 novembre 1972
Prima edizione: Faber & Faber, 1973
Edizioni italiane: Einaudi, 1974Einaudi/Gallimard, 1994Einaudi, 2002Einaudi, 2005Mondadori, 2023

L’idea di Non io compie un lungo viaggio geografico prima di approdare al manoscritto. La prima tappa di questo viaggio è il paesino di Kilcoole nel sud dell’Irlanda dove Beckett ascolta per caso i deliri di una vecchia homeless. La seconda tappa è Malta: Beckett vi si trova in vacanza, nell’autunno del 1971. Qui si reca in visita alla cattedrale di San Giovanni a La Valletta e resta per più di un’ora in contemplazione della decapitazione del santo dipinta da Caravaggio. È il gruppo sullo sfondo – che osserva l’esecuzione senza poter intervenire – ad accendere la fantasia dello scrittore. La terza e ultima tappa è El Jadida in Marocco dove Beckett era volato, sempre per vacanza, nel febbraio del 1972. Qui Beckett vede una donna in disparte totalmente ricoperta dalla djellaba, la tipica tunica araba, in una “posa di intenso ascolto”. Il personaggio dell’Auditore è ormai completo. A marzo Beckett inizia a scrivere Non io.

Caravaggio, “Decapitazione di San Giovanni Battista” (part.), 1607-1608, Cattedrale di San Giovanni, La Valletta (Malta). Due figure sullo sfondo osservano, impotenti ma partecipi, lo strazio in primo piano. Beckett contemplò questo dipinto per lunghissimo tempo e scaturì in lui l’idea dell’Auditore di “Non io”.

Caravaggio, “Decapitazione di San Giovanni Battista” (part.), 1607-1608, Cattedrale di San Giovanni, La Valletta (Malta). Due figure sullo sfondo osservano, impotenti ma partecipi, lo strazio in primo piano. Beckett contemplò questo dipinto per lunghissimo tempo e scaturì in lui l’idea dell’Auditore di “Non io”.

Il materiale narrativo di Non io è costituito dalla storia di una donna anziana che vive ai margini della società (ecco il riferimento alla homeless irlandese): nata prematura, abbandonata dai genitori, non ha mai conosciuto né affetto né amore. Un ricordo in particolare la ossessiona, quello di un pomeriggio di aprile in cui la sua mente attraversa un buio ravvivato solo da un costante ronzio. È in questo vuoto cerebrale che la vecchia compie una sorta di salto spirituale che la costringe a ragionare sui temi del peccato e della misericordia di Dio, dapprima affrontati con sprezzante sarcasmo, poi via via con più cautela, quasi fossero un punto fermo cui aggrapparsi nella desolazione della sua esistenza.

La narrazione è condotta in terza persona da una donna sul palco. Beckett sperimenta qui una trovata scenica quanto mai ardita. Della donna non si vede altro che la bocca, illuminata dal basso e da vicino, ma in modo tale che non solo il resto del corpo ma addirittura il resto del viso scompaiano nella tenebra del palcoscenico. Il personaggio della protagonista viene non a caso indicato sul copione come mouth, “Bocca”. Unica altra figura presente sulla scena è l’Auditore, un corpo (impossibile dire se di uomo o di donna) in posizione di ascolto e totalmente ricoperto da una djellaba (ecco la donna di El Jadida) che impotente assiste al delirante monologo di bocca (ecco infine – anche se il nesso non è così lampante come molti testi vorrebbero lasciar intendere – il riferimento all’impotenza partecipe del gruppo di figure sullo sfondo del dipinto di Caravaggio).

Madeleine Renaud nella parte di Bocca. Theatre d’Orsay, Parigi 1975 per la regia di Beckett (foto di M. Enguerand)

Madeleine Renaud nella parte di Bocca. Theatre d’Orsay, Parigi 1975 per la regia di Beckett (foto di M. Enguerand)

Bocca parla in terza persona, ma è chiaro che la squallore che descrive è proprio il suo. La coscienza spesso ha il sopravvento e il leit-motiv del monologo è costituito da un improvviso dubbio subito fugato con sdegno: “Cosa? Chi? No! LEI!“. Ovvero: non sono io ad aver avuto questa vita così misera, è lei, lei, la donna di cui sto parlando, ad averla vissuta. Di fronte a questa testardaggine, a questo non voler in nessun modo ammettere il fallimento della propria esistenza da parte di Bocca, l’Auditore non può far altro che alzare le braccia e riabbassarle, in segno di pietoso sconforto.

Recitare il monologo di «Non io» è come cadere a testa indietro nell’inferno.

Billie Whitelaw

Non io è uno dei più riusciti dramaticule di Beckett, uno dei piccoli (nel senso della lunghezza del testo) capolavori che lo scrittore ha consegnato al teatro. La sostanza teatrale si riduce a una bocca che parla di se stessa nel buio (nel corso del tempo la figura dell’Auditore verrà eliminata dalla messinscena). A pensarci bene nessun simbolo, nessuna figura chiave è più indicata di questa a rappresentare la poetica di Beckett. La pièce sarà altresì una vera e propria sfida per le attrici che la impersoneranno, da Jessica Tandy (prima assoluta di Non io al Beckett Festival di New York nel 1973) a Billie Whitelaw (“Con Non io sperimentai un terribile grido interiore, come cadere a testa indietro nell’inferno“, riporterà Gussow in Ubulibri, 1998). Nel 1977 verrà realizzata dalla BBC una versione televisiva.

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