Va’ e vieni
Titolo originale: Come and go Data di composizione: 1965 Prima rappresentazione: Berlino, Schiller-Theater, 14 gennaio 1966 Prima edizione: Calder & Boyars, 1967 Edizioni italiane: Einaudi/Gallimard, 1994
Per questo brevissimo testo teatrale (circa un centinaio di parole) Beckett stesso coniò il termine dramaticule. Il riuscito neologismo (che nasce con l’intento di rappresentare l’esiguità della parola e dell’azione ma ottiene anche l’effetto di “sdrammatizzare il dramma“) comparve per la prima volta sull’edizione inglese del 1967 e da allora venne usato sia dall’autore sia dai critici per indicare tutti i suoi short plays.
Scritto con tutta probabilità nel 1965 (sebbene la presenza di numerose stesure senza data renda difficile un’attendibile collocazione temporale), Va’ e vieni impegnò Beckett in una serie non indifferente di varianti, anche sostanziali, prima di farlo approdare alla versione che sarebbe stata finalmente messa in scena.
In scena, appunto, tre donne di età indefinibile (come i tre protagonisti di Catastrofe), comunque anziane, sedute su una panchina a rievocare i vecchi tempi (come la quasi totalità dell’umanità beckettiana…). Le loro mani bene in vista, sebbene illuminate debolmente come tutta la scena, denunciano l’assenza di anelli, il che le identifica come tre nubili. A turno, Flo, Vi e Ru (questi i nomi delle tre donne, probabili abbreviazioni – rispettivamente – di Florence, Violet e Rubina), si alzano lasciando le altre due da sole. Queste, non appena l’altra è fuori scena, cominciano a parlare dell’assente e della sua malattia incurabile, di cui è ignara. Lo schema di uscite e ritorni (per le quali è impossibile non pensare alle “donne che vanno e vengono” come nel Canto di amore di J. Alfred Prufrock di T.S. Eliot) si ripete tre volte. Al termine del terzo giro il pubblico è dunque al corrente che tutte e tre le donne sono condannate.
“Va’ e vieni” nella versione di John Crowleys per il progetto “Beckett on film”. Ru (Sian Phillips) mette al corrente Vi (Anna Massey) del male incurabile di cui soffre la loro amica Flo.
La danza spettrale di queste tre figure femminili – che potrebbe inizialmente richiamare alla memoria il sabba delle tre streghe che apre Macbeth o costituire una anticipazione del balletto di Quad (anche qui i personaggi vestono costumi con colori ben definiti ed entrano ed escono secondo un rigido schema) – si risolve dunque nell’esposizione di tre piccole apocalissi, tanto più struggenti quanto più si considera la mitezza di queste tre anziane e composte signore. “Non potremmo parlare dei vecchi tempi? – suggerisce Vi alla fine – di quello che venne dopo? Se ci dessimo la mano, in quel nostro modo?“. E così le tre donne si stringono la mano, ognuna tiene quella della sua amica vicina, intrecciando le braccia. Flo dice alle altre due “Sento gli anelli“, patetico autoconvincimento della presenza di un simbolo nuziale, di una felicità coniugale che nessuna di loro ha mai conosciuto.
Il nomignolo Ru svela un riferimento autobiografico. “La zia di Beckett dal lato dei Roe – spiega Knowlson – si chiamava Rubina. Le giovani Roe, sue cugine e figlie di Rubina, andavano alla scuola di Miss Wade“. E prosegue citando una lettera di Beckett a Jacoba Van Velde, sua traduttrice olandese: “Immagino un leone di pietra nel giardino della scuola. Stavano spesso sedute l’una accanto all’altra“. Per Alvarez, Va’ e vieni “è l’opposto del circolo vizioso di Commedia in cui ognuno dei tre protagonisti era tormentato da fantasie paranoiche sui segreti piaceri degli altri. In Va’ e vieni c’è solo un remoto, lieve senso di protezione e una reciproca illusione, un rituale andare e venire dalla luce all’oscurità e una reciproca tenera soppressione della conoscenza del male, e il dolore di ciò che è perduto per sempre si impone sul terrore, di ciò che sta per avvenire“.
“Va’ e vieni” nella versione diretta da Annie Ryan per il Beckett Centenary Festival di Dublino (aprile 2006).
Va’ e vieni andò in scena in prima assoluta il 14 gennaio 1966 allo Schiller-Theater di Berlino, per la regia di Deryk Mendel con Lieselotte Rau nella parte di Flo, Charlotte Joeres in quella di Vi e Sybylle Gilles in quella di Ru. In Italia non si hanno notizie certe di messinscene di Va’ e vieni prima del 1994 con lo spettacolo Crepuscolo, una raccolta di rappresentazioni beckettiane (tra cui Dondolo e Passi), per la regia di Sista Bramini, con la stessa Bramini, Maria Mazzei e Anna Maria Matricardi.