Trio degli spiriti

Titolo originale: Ghost Trio
Data di composizione: 1976
Prima trasmissione: Rete televisiva inglese BBC, 17 aprile 1977
Prima edizione: “Journal of Beckett Studies”, n. 1, inverno 1976
Edizioni italiane: Einaudi, 1980Einaudi/Gallimard, 1994Mondadori, 2023

Oltre dieci anni separano la prima e la seconda opera televisiva di Samuel Beckett. Dopo l’opprimente zoom di Di’ Joe, infatti, l’autore non aveva lavorato più ad altre idee che concernessero movimenti di macchina e stacchi di inquadrature. Ma nel gennaio del 1976, una cartolina inviata da Tangeri all’amico Con Leventhal lascia trasparire il primo abbozzo di Trio degli spiriti: “buttato giù un primo cadavere di una pièce per la TV. Tutti i vecchi spiriti. Godot e Di’ Joe all’infinito. Resta solo di portarlo alla vita” (la fonte è citata da Knowlson).

L’apparizione del giovane spettro al termine di “Trio degli spiriti” (foto: H. Jehle).

L’apparizione del giovane spettro al termine di “Trio degli spiriti” (foto: H. Jehle).

Il titolo originale dell’opera doveva essere Tryst, un arcaismo inglese che può essere tradotto con “abboccamento”. E in effetti la trama ruota intorno all’ennesima attesa beckettiana. Stavolta si tratta di un vecchio uomo che attende la visita di una donna la quale però non arriva (una sorta di Lady Godot…). Sarà un ragazzo a giungere invece alla fine, uno spettrale messaggero (anche qui è immediato il riferimento al ragazzo che giunge al termine di entrambi gli atti di Aspettando Godot) che con un semplice cenno del capo farà capire al vecchio che la donna da lui attesa non verrà all’appuntamento. In Il rituale dell’ascolto (in Bulzoni, 1997), Katharine Worth osserva: “In Di’ Joe […] vi era la spiacevole invasione della mente di un uomo da parte di una voce femminile […] In Trio degli spiriti […] ci si trova esattamente nella situazione opposta. Il protagonista […] desidera ardentemente sentire il suono della voce della donna amata. In entrambi i casi il desiderio non viene soddisfatto“.

L’azione si svolge in una stanza la cui mappa può essere rappresentata nel seguente modo (saprete perdonare l’artigianalità del mio bozzetto…):

Come si può vedere anche stavolta Beckett non usa liberamente la telecamera, ma la costringe su un asse perpendicolare alla scena designando tre punti statici di ripresa. Tutti gli elementi della stanza, compresa la stanza stessa, sono grigi. Sia la porta sia la finestra non hanno maniglie. Una voce femminile fuori campo commenta le varie inquadrature. Il vecchio e il ragazzo, invece, non pronunciano alcuna battuta. Nota Lorenzo Mucci in Il medium e il fantasma (in Bulzoni, 1997): “quasi tutti i video di Beckett sono in bianco e nero perché a differenza delle riprese a colori in cui ogni colore vive per se stesso in bianco e nero esiste solo la sfumatura“.

Karl Herm nella parte del Vecchio, nella produzione tedesca del maggio del 1977, per la regia dello stesso Beckett. (foto: H. Jehle).

Karl Herm nella parte del Vecchio, nella produzione tedesca del maggio del 1977, per la regia dello stesso Beckett. (foto: H. Jehle).

Il Trio degli Spiriti del titolo della pièce potrebbe indurre qualcuno a pensare ai tre fantasmi che visitano il signor Scrooge nel Canto di Natale di Charles Dickens, ma in realtà si riferisce al Geistertrio: il quinto trio per pianoforte e archi, op. 70, n. 1 di Ludwig van Beethoven. È infatti il secondo movimento (il Largo) di quest’opera che si ascolta nel corso della vicenda televisiva. Non si tratta semplicemente di una musica di sottofondo, però. Beckett fa entrare l’inizio del secondo movimento in corrispondenza della tredicesima inquadratura e da lì in poi indica con estremo scrupolo quale inquadratura deve corrispondere a ogni battuta musicale. Sembra quasi che Beckett abbia modellato la sequenza di immagini sullo spartito di Beethoven.

Nel suo Beyond Minimalism (ancora non tradotto in italiano), Enoch Brater sottolinea l’ossessivo ricorrere del numero tre in Trio degli Spiriti. A iniziare, ovviamente, dal titolo e proseguendo con il numero delle parti (atti) in cui è divisa la pièce, il numero delle inquadrature crescente di tre (da 35 nella prima parte, a 38 nella seconda e a 41 nella terza), le tre posizioni della telecamera, i tre strumenti dell’opera musicale scelta come guida. John Calder, in un articolo apparso sul Journal of Beckett Studies n. 2/1977 aggiunge un “tre” più originale, ovvero i tre obiettivi dell’opera: “1) ridurre come sempre la condizione umana a una semplice definizione nei termini di una nuova allegoria; 2) dare agli accademici un bel rebus da risolvere; 3) fare alcune contrariate dichiarazioni personali sull’autore stesso”. Sul primo e ultimo punto si può essere facilmente d’accordo. Quanto al secondo, più che un rebus Trio degli spiriti appare come un’ulteriore variazione sul tema dell’attesa delusa.

Beckett dirige Herm sul set della produzione tedesca di “Trio degli spiriti” (foto: H. Jehle).

Beckett dirige Herm sul set della produzione tedesca di “Trio degli spiriti” (foto: H. Jehle).

La prima messa in onda venne prodotta dalla BBC e fu trasmessa il 17 aprile del 1977. Billie Whitelaw fu scelta come voce fuori scena, mentre alle fattezze di Ronald Pickup fu affidata la figura del protagonista maschile. La regia la firmò Donald McWhinnie. Beckett stesso fu invece regista, circa un mese dopo, della produzione tedesca con Klaus Herm nella parte del vecchio. Non si hanno notizie certificate di trasmissioni televisive italiane di Trio degli spiriti. Un adattamento teatrale fu presentato all’interno di Cosa dove, una retrospettiva beckettiana curata da Giancarlo Sepe nell’ottobre del 1986.

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